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DALLA CASSAZIONE CIVILE: Assegno divorzile e criteri di determinazione

 

La Corte di cassazione, con due recenti pronunce, si è occupata nuovamente della questione inerente i criteri di determinazione dell’assegno divorzile, in seguito alle Sezioni Unite n. 11504/2017 e n. 18287/2018, in particolare nel caso in cui la moglie abbia, in costanza di matrimonio, smesso di lavorare per prendersi cura dei propri figli.

 

Vengono ripresi e confermati i principi enunciati da queste ultime, in particolare, dopo un prolungato orientamento secondo cui l’assegno divorzile doveva consentire all’avente diritto di mantenere lo stesso “tenore di vita” di cui godeva in costanza di matrimonio, le Sezioni Unite hanno ritenuto di negare il predetto assegno nel caso in cui il richiedente fosse economicamente autosufficiente, sottolineandone la natura assistenziale ma anche perequativa compensativa delle scelte e delle attività svolte dai coniugi in costanza di matrimonio.

 

Il Giudice, nello stabilire se e in quale misura debba essere riconosciuto l’assegno divorzile richiesto, è tenuto a comparare le condizioni economico-patrimoniali delle parti, l’inadeguatezza dei mezzi del richiedente e le cause dalle quale derivi tale impossibilità, alla luce della specifica vicenda familiare, analizzando quindi la storia coniugale nel suo completo evolversi e le scelte di conduzione di vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio (quali ad esempio la comune decisione di interruzione dell’attività lavorativa della moglie al fine di prendersi cura di figli). 

 

Inoltre, la Corte sottolinea che "non si potrà che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali che l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva, facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista, di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale".

 

 

[Cassazione civile, Sez. VI, Ord. 16.01.2020, n. 765; Cassazione civile, Sez. I, Ord. 13.02.2020, n. 3661]

 

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